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domenica 9 marzo 2025

Recensione di "Tatà" di Valérie Perrin

Buonasera a tutti e bentornati sulle pagine del mio "piccolo" blog letterario.

Sono stata forse assente per un po' di tempo, ma vi assicuro che stavo leggendo! "Cosa?", vi chiederete. Ed è questo il motivo del nuovo post. L'ultimo romanzo che ho divorato è stato "Tatà" di Valérie Perrin, autrice nota per "Cambiare l'acqua ai fiori".


Trama: Agnès non crede alle sue orecchie quando viene a sapere del decesso della zia. Non è possibile, la zia Colette è morta tre anni prima, riposa al cimitero di Gueugnon, c’è il suo nome sulla lapide... In quanto parente più prossima tocca ad Agnès andare a riconoscere il cadavere, e non c’è dubbio, si tratta proprio della zia Colette. Ma allora chi c’è nella sua tomba? E perché per tre anni Colette ha fatto credere a tutti di essere morta? È l’inizio di un’indagine a ritroso nel tempo. Grazie a vecchi amici, testimonianze inaspettate e una misteriosa valigia piena di audiocassette, Agnès ricostruisce la storia di una famiglia, la sua, in cui il destino dei componenti è legato in maniera indissolubile a un circo degli orrori, all’unica sopravvissuta di una famiglia ebrea deportata e sterminata dai nazisti, alle vicende di un celebre pianista e a quelle di un assassino senza scrupoli, alle subdole manovre di un insospettabile pedofilo e al tifo sfegatato per la locale squadra di calcio, il FC Gueugnon. Sulla scia di Cambiare l’acqua ai fiori e Tre, Valérie Perrin ci trascina in un intreccio di storie, personaggi e colpi di scena raccontati nel suo stile fatto di ironia, delicatezza e profondità.


Ho letto molte recensioni prima di iniziare la mia lettura: un libro complicato; una narrazione piena di cimiteri (ormai la Perrin è in fissa); troppi personaggi; ho lasciato il libro alle prime pagine. C'era poi, invece, chi in pochi giorni lo aveva terminato (ammirevoli con le oltre 500 pagine!) e già lo amava.

Rientro nella seconda categoria dei recensori. Il nuovo romanzo di Valérie Perrin è piaciuto anche a me. Sarebbe una bugia dirvi che ha una trama semplice e lineare. Affatto! Ci sono molti personaggi, tutti collegati in qualche modo tra loro, e ogni azione sembra avere un significato sin dal principio, come se ci fosse un disegno che conduce esattamente dove dovrebbe.

Agnès torna a Gueugnon per la morte della zia (tatà, in francese) Colette, anzi, per la sua seconda dipartita. Esattamente: Colette è morta per ben due volte, ma solo la seconda è quella vera. Perché fingere allora? Agnès non se lo spiega e rimane anche piuttosto sconvolta scoprendo tassello dopo tassello la vita di quella zia che, da sempre, aveva inquadrato come una persona molto tranquilla, talvolta scialba, dedita solo al calcio e al suo lavoro da ciabattina.

C'è una scatola rosa che contiene tante foto, una camera da letto che, d'un tratto, è cambiata così tanto e Agnès non si spiega il perché; e poi ci sono le audiocassette. Colette rivive in quegli audio diretti proprio ad Agnès, a quella nipote che, un giorno, avrebbe scoperto una realtà disarmante. Insieme a lei, nelle registrazioni, c'è Blanche, la migliore amica della zia... ma allora Colette cosa nascondeva veramente?


Grazie all'aiuto di numerosi personaggi, tra cui i suoi amici di infanzia che ritroverà a Gueugnon dove il tempo sembra essersi fermato, Agnès riuscirà a ricostruire passo dopo passo il suo stesso passato e a capire chi era veramente Colette. Una storia di amore, guerra, violenza celata, laddove non dovrebbe mai esserci, e infine di infinito affetto famigliare.

"Tatà", quindi, si prospetta come una storia composta da tante storie. Non solo quella di Agnès, ma anche quella dei suoi genitori, di Colette appunto, di Blanche e della sua famiglia, di Lyéce e della violenza subita da adolescente. Ci sono gli orrori della guerra, che non sono i soli se si uniscono alla malvagità di un marito e padre possessivo che ha perso, sin da bambino, il proprio lato umano.

Sono tanti gli argomenti trattati, ma sicuramente ne prevalgono due: quello della famiglia (non solo di sangue), come legante, come supporto nelle difficoltà della vita; quello dell'amicizia vera e solida, immancabile, quasi necessaria. E poi nella storia della Perrin, ci sono numerose donne forti che sanno ricominciare nonostante le avversità (e che avversità!): Agnès, che proviene da una triste separazione, dalla seconda morte di Colette e, infine, riceverà rivelazioni scioccanti; Colette, la cui infanzia è stata segnata dal lavoro, dall'affetto per il fratello Blaise e da una madre che non l'ha mai considerata; Blanche, amica di Colette, circense e incatenata a un'esistenza mai desiderata da un padre folle e possessivo; Hannah (madre di Agnès), unica sopravvissuta di un'intera famiglia scomparsa nei campi di concentramento.


Cosa mi è piaciuto? Sicuramente lo "stratagemma" delle audiocassette. Ascoltando la voce, è come se chi ha registrato tanti anni prima tornasse in vita per un momento... è come riavvolgere il tempo con un metodo un po' vintage, ma sicuramente affascinante.

Infine, una mia piccola personale annotazione: ci vuole del talento per scrivere un romanzo così dettagliato, ricco di personaggi e di storie. Non tutti riescono a farlo e non tutti riescono ad apprezzarlo.

Da parte mia è una lettura assolutamente consigliata, soprattutto se vi piacciono le indagini, le vecchie lettere, le foto sbiadite e le audiocassette da ascoltare con il walkman (il mio lo adoravo, con le grandi cuffie!).

Vi saluto con qualche piccolo estratto e vi aspetto alla prossima recensione!

Foto di StockSnap da Pixabay

«Non è che non volevo essere guardata, Agnès, è che non ce la facevo. Te l’ho già detto, volevo mimetizzarmi nell’ambiente, essere trasparente. Una vigliaccata, ma molto pratica. E comunque, malgrado l’aspetto, il mio modo di vestire e l’acconciatura inesistente, lui mi ha visto, Aimé mi ha visto».

«Non sento la voce di Colette da un paio di giorni. Dovremmo tutti registrare noi stessi rivolgendoci a qualcun altro, così, tanto per renderci un po’ eterni».

«[…] ho pensato che è magnifico conservare voci. Ancora più delle immagini. L’immagine si impone, la voce diventa eterna e reinventa un volto, è come se avessimo la stessa voce a tutte le età».

giovedì 6 febbraio 2025

Recensione di "Apri i tuoi occhi" di Patrisha Mar

Buon pomeriggio amici e bentornati su questo blog!

Durante questo mese ho voluto invertire la lista di libri da leggere e dare precedenza a quelli che, per motivi a me ignoti, erano rimasti più indietro.

Vi parlo, quindi, del romanzo "Apri i tuoi occhi" di Patrisha Mar:


Trama: Ward Camden è un famoso scrittore di thriller, bestseller in tutto il mondo, ma è anche un misogino con il carattere schivo e nessuna voglia di stare al centro dell'attenzione. Il suo sogno è fuggire da Los Angeles, dalla sua agente e da Linda, la fidanzata. In un impeto di ribellione, decide così di partire per la Toscana, per ritrovare se stesso e la perduta voglia di scrivere. Il destino si presenta a lui con il nome di Sissi Fiori, una giovane violinista che prima lo travolge con la sua bicicletta, poi con il suo carattere solare e appassionato, infine lo coinvolge in una vacanza inaspettata e piena di sorprese. L'attrazione fra i due è immediata, ma ci pensano Andrea ed Emma, i più cari amici di Sissi, a complicare le cose. In un tale vortice di eventi, emozioni e fraintendimenti, Ward e Sissi riusciranno a lasciarsi andare al sentimento che sta nascendo fra loro?

Foto di Dan Fador da Pixabay

Tutto inizia a Los Angeles, dove Ward Camden, noto scrittore di thriller, decide di fuggire via per ritrovare pace e ispirazione, dirigendosi in Italia a Lucca, lontano da Linda, la sua appiccicosa e ninfomane fidanzata.
Nel piccolo centro, immerso nel verde della campagna toscana, vi è un casolare dove Ward alloggerà, in seguito a un improvviso cambio di b&b. Proprio nei pressi della dimora, viene investito da una ragazza in bicicletta. Sissi abita nelle vicinanze e si propone di fargli da guida a Lucca.
Tra i due si crea immediatamente una sorta di complicità, ma Sissi tiene ben a mente che Ward è uno scrittore famoso e che, trascorso il suo periodo in Italia, tornerà sicuramente negli USA. Nonostante ciò, quando l'amore arriva anche le più alte barriere non riescono a tenere. E insieme a lui, talvolta, giunge la gelosia.
Andrea, da sempre amico e segretamente innamorato di Sissi, si accorge dell'attrazione tra i due; allo stesso tempo, Emma, amica di Sissi e Andrea, è fortemente infatuata di Ward.
Le cose si complicano, ma saranno i sentimenti a guidare i nostri protagonisti nella giusta direzione.


Il romanzo di Patrisha Mar mi ha, prima di tutto, incuriosito su Lucca. Meta indiscussa della fiera del fumetto più famosa d'Italia, il Lucca Comics, potrebbe configurarsi come prossima città da visitare nella mia lista di viaggio.
Inoltre, la narrazione scorre velocemente. Si tratta di un romanzo leggero, che parla di veri sentimenti, di attrazione, amicizia e anche di amori non corrisposti. Insomma, sono certa che i lettori riusciranno a identificarsi in almeno uno dei quattro protagonisti.
Il titolo, in realtà, dice tutto: "apri i tuoi occhi"! Sissi, Ward, Emma e Andrea li apriranno tutti alla fine, chi oltrepassando la distaccata apparenza, chi capendo che un amore platonico non è la stessa cosa di uno reale.

Vi auguro buona serata, chiudo con una citazione e vi aspetto alla prossima recensione!

«Cos'è davvero l'amore se non il riflesso di ciò che siamo? Se siamo egoisti, sarà un amore che chiede e non dà, un sentimento sterile destinato ad atrofizzarsi. Come si può etichettare quello che si agita dentro l'altro? Decifrarlo prima di viverlo e comprendere? Se l'esempio che ho è il sentimento che legava te e papà, allora voglio quell'amore, quell'unico sentimento in grado di sopportare la sofferenza e di sopravvivere persino alla morte.»



domenica 5 gennaio 2025

Recensione di "Bocca di strega" di Sacha Naspini

Buongiorno amici e buon anno! Chissà quali letture ci faranno compagnia in questo 2025... ho già iniziato 2 libri, complice anche l'influenza che ha deciso di trattenermi a letto per qualche giorno.

Vi porto, però, a conoscere il libro che avevo iniziato un mesetto fa, "Bocca di strega" di Sacha Naspini.


Trama: 1972, Val di Cornia. Bardo è il miglior tombarolo in circolazione. Negli anni è riuscito a costruire un traffico di reperti etruschi che da Populonia viaggiano verso la Capitale, arrivando a stabilire un mercato multimiliardario con l’America. La morte improvvisa della moglie è un duro colpo – Bardo non regge al dolore, sparisce in mare. Ma prima lascia i segreti della ricettazione a Giovanni, il figlio. Che però non ha la stoffa di suo padre. Come se non bastasse, le bande di Tuscia e i trafficanti di Roma vedono in questo momento di debolezza una buona occasione per impossessarsi della piazza...

Bocca di strega apre uno squarcio su un universo che ha fatto la storia di tanti musei, partendo dal basso: la febbre dello scavo, la rivalità tra bande per garantirsi il territorio più fruttuoso, fino alle alte sfere della compravendita mondiale. E poi la provincia d’Italia, abitata da romantici pirati di terra dalla doppia vita: padri di famiglia, operai, artigiani, contadini... Che in pochi anni si sono aggiudicati il dominio del traffico d’arte internazionale. Non senza pagarne le conseguenze.



Di questo libro cosa mi ha ispirato? Il vaso in copertina. Il titolo “Bocca di strega” non mi riportava nulla alla mente, ma sulla copertina ho poi notato che si trattava di una storia di tombaroli e mi sono incuriosita, scoprendo che era uscito da poco tempo.

Siamo negli anni Settanta del Novecento in Val di Cornia (Toscana), periodo di fiorenti scavi clandestini e traffici illeciti di reperti archeologici. Populonia, in particolare, restituisce testimonianze richieste da collezionisti di ogni parte del mondo. Guido Sacchetti – detto Bardo – ha il comando dei tombaroli e del mercato nero: conosce ogni luogo in cui scavare, sa a chi rivolgersi e chi può diventare una persona di fiducia. È il “re incontrastato” del territorio, cui molti devono dei favori, e ha come base la “Conchiglia”, un ristorante che si affaccia sullo splendente Golfo di Baratti.
L’equilibro di questo traffico di reperti, su cui anche le autorità chiudono entrambi gli occhi, viene spezzato brutalmente dalla morte di Elisa, moglie di Bardo. L'evento criminoso sarà fatto passare per un suicidio, ma in realtà è un omicidio, avvenuto in casa dello stesso Guido Sacchetti.
Forse c’è qualcuno della banda che fa il doppio gioco, che ha interessi più grandi e Elisa, che giorni prima aveva ufficialmente denunciato le attività del marito che avevano rovinato la sua esistenza, risultava un soggetto scomodo per i tanti implicati nella rete.
In seguito ad Elisa, anche Guido scompare misteriosamente in mare. Non sarà mai ritrovato il corpo. Tutto passa, quindi, nelle mani del figlio, Giovanni, detto Veleno che appare come la brutta copia del padre, poco incisivo, talvolta contraddittorio. È lo scavo alla Tomba dei Cristalli che si rivela, però, decisivo: si tratta di una “bocca di strega”, che in gergo locale significa "inganno" e si riferisce al ritrovamento, in seguito a una mareggiata, della sepoltura di una donna che in bocca aveva cinque chiodi... donna che, per tale motivo, sarà popolarmente considerata una strega. 
Da questo momento in poi, si aziona una macchina volta a smascherare l’autore dell’omicidio di Elisa. Perché anche il più “cattivo” della situazione non può nulla davanti all’amore e Bardo non riuscirà mai a dimenticare la sua amata e defunta moglie.


Non ho amato particolarmente la storia che sembra più che altro la sceneggiatura di un film, probabilmente anche per la suddivisione che ne è stata fatta. I capitoli, infatti, sono “assegnati” a ogni personaggio e qualcuno di questi ha pure un soprannome – indicato all’inizio del libro – che rende un po’ più confusionario il ritmo narrativo.
Di fatto è una storia fatta di inganni, in cui Guido Sacchetti (Bardo), capo dei tombaroli e “gestore” dei traffici illeciti in materia archeologica, passa quasi come eroe e benefattore, delineando il profilo di un perfetto mafioso. Alla fine questo è: il traffico illecito di reperti archeologici si basa su dinamiche mafiose e, talvolta, gli stessi capi mafia hanno fatto affari e arricchito le rispettive famiglie tramite gli scavi clandestini e il mercato internazionale di opere d’arte (recentemente si è parlato di Matteo Messina Denaro).

Eppure questo libro non mi ha convinta, non mi ha coinvolta più di tanto. A tratti l’ho trovato persino noioso, faticando a terminarlo.
Lo consiglio? Sì, a chi è veramente appassionato della materia perché si tratta, in ogni caso, di letteratura contemporanea a tema (è possibile trovare riferimenti non troppo celati a un celebre museo californiano); non lo consiglio, invece, a chi non è del settore perché potrebbe decidere di abbandonare la lettura già alle prime pagine. 

E ultima annotazione: il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale è il TPC (articolo determinativo maschile singolare, che sottintende "Comando" o "Nucleo" nel caso di una delle ripartizioni territoriali), non “la” TPC. Sono dettagli importanti cui si dovrebbe far caso. 
Di #LaTPC conosco solo la pagina Facebook e il blog che ho fondato e gestisco ormai da anni.

Vi lascio con due piccoli estratti e vi aspetto alla prossima recensione!

«La terra restituisce oggetti che fanno gola in tutta Europa e oltreoceano, darli allo Stato suona come una bestemmia. Gli scantinati dei musei scoppiano di reperti con su scritto un numerino; la ricettazione salva i cristiani. Di più: il tale collezionista protegge i cimeli costruendo teche che tengono conto perfino della temperatura. Neanche per i figli hanno accortezze di quel tipo.»

«Nell’ambiente dei tombaroli di Maremma dire bocca di strega equivale a dire questo: una trappola. Il tranello escogitato da qualcuno per smascherare chi ha cercato di fare il furbo. O chi fa il doppio gioco».


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